domenica 24 marzo 2013

Pelle contro pelle

I lembi di pellicola faticavano a staccarsi dalla pelle, erano come colla cosparsa su tutto il corpo.
Sulla strada, una pioggia sottile solleticava il cemento di una città senza senso.
Miranda sollevava lentamente gli angoli e tirava con delicatezza i segmenti rosso fuoco. Lentezza che aveva un ché di rituale dovuto, quasi senza sentimento.
Ancora una volta si era lasciata convincere da Ronnie ad abbandonarsi al supplizio, consapevole fin da subito, dalla sola idea embrionale, che qualcosa di straordinario sarebbe nato da una posa, da un movimento sussurrato sotto raggi di luce artificiale.
Ronnie era il fotografo più talentuoso della città e solo a lui si concedeva in tutto e per tutto, ne assecondava ogni ispirazione, ogni stramberia creativa; egli non era solo un ladro di attimi, era un poeta che non proferiva parola. I suoi scatti erano nutrimento per un'iride voyeur.
Aveva posato per ore nel suo studio ed era spossata.
Dopo l’ultimo scatto, lui se ne era andato chissà dove, come sempre faceva, quasi a voler lasciare che la sua opera si imprimesse nell’atmosfera, senza inquinarla con gesti e parole superflui.
Miranda tirava, portandosi dietro delicati e quasi impercettibili peli biondi, cadenzando gli strappi con ritmi monotoni e sempre uguali a se stessi, rendendo così i suoi pensieri inconsistenti.
Intanto Diamanda Galas le teneva compagnia da una stanza poco lontana.
La serratura della porta sferraglio tre volte: Ronnie era tornato.
Reggeva un sacchetto di plastica, dal quale estrasse due bottiglie di vino rosso.
Si fermò un attimo davanti a lei e la osservò in silenzio; rimase ammaliato dalla figura sinuosa di un’amazzone impacchettata, un serpente che cambia pelle.
Le sorrise
“Devo essere davvero bravo per convincerti ogni volta a fare queste cose.”
“Sì, lo sei. Ma non ti illudere che sia l’unica ragione per cui lo faccio.” gli rispose con finta supponenza.
“Sentiamo: quali sono le altre?”
“In tutti questi anni in cui ho posato per te, ho riflettuto sulla mia natura ed ho capito di essere un filo masochista.”
Il tono si fece serio: “Quando scatti il mio corpo è qui ma la mia mente è da tutt’altra parte.”
“Ora mi spiego il motivo di quelle meravigliose espressioni che mi hai sempre regalato. E dove se ne va la tua mente?”
“Dove vuole lei, non sono io a comandarla, ed ogni volta si ritrova in angoli sempre diversi e sconosciuti. Crea immagini, situazioni grottesche e surreali. E, raramente, si esamina.”
“Se non fossi già sposato, e se tu non fossi lesbica, sarei la tua ossessione!”
“Non so perché ma provo un leggero sollievo pensando al fatto che tutto questo non si verificherà mai.” sorrise.
“Direi che mi conosci piuttosto bene. Vuoi un bicchiere di vino?” chiese allontanandosi.
“Mi ci vorrebbe proprio!”
Ronnie tornò quando ormai l’opera di svestizione era completa.
“Non ti ho nemmeno chiesto se avevi bisogno di una mano…”
“Ottimo tempismo!” rispose ironica.
Miranda si sdraiò nuda sul sofà accatastato – questa è la parola più adatta a descrivere lo stato di quella vecchia mobilia smunta e lacera – ad una delle pareti dello studio.
Non era in soggezione al cospetto di Ronnie ed era consapevole che nemmeno lui lo fosse. L’aveva vista chissà quante volte senza veli, in passato, anche in situazioni che prescindevano dall’utilizzo di una reflex.
I primi mesi della loro conoscenza erano stati amanti e si erano ritrovati sovente pelle contro pelle. Mai nessun sentimento si era intromesso tra loro; erano due corpi che si univano e si dedicavano l’un l’altro, in terapie di disintossicazione dai molteplici risvolti maleodoranti e melodrammatici delle loro vite.
Miranda gli offriva il suo corpo scolpito nella carne e in cambio riceveva orgasmi multipli; poteva considerarsi uno scambio alla pari, in effetti.
E avrebbero tranquillamente potuto continuare a farlo se Ronnie non si fosse lasciato cogliere dal desiderio di formare una famiglia con Francine, sua moglie. Da quel momento il loro patto si era sciolto e Miranda aveva ripreso a frequentare quella parte di umanità che non considerava feccia, le donne.
Non ricordava di essersi mai innamorata, piuttosto di aver provato sentimenti che potevano essere scambiati per amore ma che, col passare del tempo, si rivelavano per quel che erano: desideri di possessione protettiva, della natura più docile e soave, s’intende, ma pur sempre intramezzati da sprazzi di bramosia di controllo delle vite altrui. Ed ogni volta che si rendeva conto di ciò, troncava la relazione in un batter d’occhio.
La cosa che odiava di più al mondo era il pensiero che la sua vita potesse essere manovrata da qualcuno; come avrebbe potuto farlo lei ad altre persone?
Un tintinnio di bicchieri colmi di liquido scuro inaugurò il baccanale.
Ronnie trascinò una poltrona di pelle scura all’estremità del sofà, dove Miranda poggiava i piedi, e vi si sedette, dedicandole un delicato massaggio plantare.
“Dì la verità, ti sei mai pentito?” disse spezzando il silenzio che si era creato.
“Di cosa?”
“Di essere quello che sei?”
“Intendi essere un fotografo o di essere sposato?”
“Entrambe le cose, ma quella che mi interessa di più è la seconda risposta.”
“No, non credo. Penso che, in realtà, quello su cui dovrei focalizzarmi non sia il matrimonio in se stesso ma quello a cui ho dovuto rinunciare in seguito ad esso. E qui arriviamo al punto cruciale, che forse rappresenta la vera natura della tua domanda: tu vorresti sapere se mi sono mai pentito di aver rinunciato a te, non è vero?”
“Sapevo che ci saresti arrivato da solo!” sorrise soddisfatta.
“Perché me lo chiedi? Forse tu lo sei?”
“No, affatto. La mia è pura curiosità. E poi come potrei pentirmi di una scelta che hai fatto tu? Io mi sono esclusivamente adeguata alla situazione.”
“Ottima osservazione! Vediamo un po’… Se mi sono pentito, mi chiedi. Quello che c’è stato tra noi - forse sarebbe meglio dire che non c’è stato tra noi - era qualcosa di unico: non sto parlando di sentimenti, ovvio, ma di un tipo scambio che ogni uomo e donna della Terra dovrebbero avere. Niente a che vedere con qualsiasi mercificazione di corpi; un periodo speciale, un qualcosa di insolito che è terminato prima di diventare routine. Quindi, in conclusione, direi di no.”
Ronnie rimase soddisfatto della sua elucubrazione e leggeva negli occhi di Miranda lo stesso stato d’animo; ciò non fece altro che rafforzare la simbiosi tra i due.
“E tu?” continuò il fotografo.
“Io cosa?”
“Provi rimpianto o nostalgia?”
“Nella mia vita ho imparato a non rimpiangere nulla di quel che faccio; nel momento in cui una cosa avviene, volontariamente intendo, è perché la si è voluta. In quel momento volevo te e sono contenta di averti avuto.
Per quanto riguarda la nostalgia, beh, è stata sicuramente una parentesi della mia vita che non trova posto tra i ricordi negativi ma, in fondo, credo sia un bene sia terminata.”
“Che strano concetto, però…” disse Ronnie, grattandosi il mento e tastando il sottile strato di barba che cresceva incolta.
“In che senso?”
“Pensare che sia positiva, quasi piacevole, la fine di una cosa bella.”
“In effetti, è un pensiero singolare. Tuttavia, credo che una cosa rimanga bella se si conclude all’apice della sua bellezza. Il ricordo di un avvenimento è determinato da come esso si conclude: se finisce in tragedia, il ricordo sarà tragico. È come nei film: il finale gioca un ruolo fondamentale nel giudizio globale dell’opera.”
I bicchieri si riempirono nuovamente.
Miranda cominciò ad avvertire un lieve senso di leggerezza nei pensieri; era a digiuno dal mattino e il vino cominciava a fare effetto.
In altre situazioni avrebbe cominciato a controllare i gesti, gli sguardi, a selezionare minuziosamente le parole per non lasciar trapelare, agli occhi del suo interlocutore, il minimo sintomo di debolezza dei suoi freni inibitori.
Con Ronnie, però, tutto questo non era necessario: sapeva fin dove potersi spingere e il confine era indefinito, quasi inesistente.
Il trillo del telefono squarciò le loro menti all'unisono.
Ronnie impiegò un tempo indefinito per alzarsi e andare a rispondere.
"Dove sei?"
Una voce fredda, quasi catatonica, percorse la linea di congiunzione tra i due apparecchi e riverberò nello spazio angusto del ricevitore.
"In studio."
"Con lei?"
"Lo sai già."
 "Te la sei già scopata?"
"Sai già anche questo."
"Quindi è un no?"
Ronnie tergiversò un attimo, un instante fatale di silenzio che aprì una voragine.
"Sei uno stronzo!"
"Io e lei non facciamo questo. Non più."
"Però ti sei fermato a pensarci, quando te l'ho chiesto. Dovevi esserne sicuro?"
"No, ne ero già sicuro."
"Io non voglio più andare avanti."
La voce assunse un tono differente da pochi istanti prima, quasi appartenesse ad un'altra persona. Divenne tremante e flebile, quasi inconsistente.
"Indietro non si può tornare."
"Invece sì!" rispose, adirata, la voce. "Voglio la mia vita di prima!"
"La tua vita di prima? Quale, quella che stava finendo con te appesa a un cornicione?"
"Non finirà così, questa volta!"
"Dunque ero io la causa del tuo malessere? Sono stato io ad accompagnarti fin lassù e, in un impeto di generosità, a salvarti?"
"In un certo senso, sì."
"Bel ringraziamento!"
Miranda sapeva di cosa stessero parlando i due e sapeva a chi apparteneva la voce all'altro capo del telefono.
Sapeva anche che, in quel momento, era lei la causa di quella discussione ma non sembrava che questo le importasse un granché.
Continuava a fluttuare leggera nell'aria, in balia delle correnti emotive che riempivano l'ossigeno rarefatto dello studio.
"Io ti lascio." continuò la voce.
"Lo hai deciso nell'ultimo minuto?"
"Dio, no! Ci penso da tempo, questo è solo il fischio finale."
"Allora significa che, forse, quello incazzato dovrei essere io."
"Perché? Sentiamo un po'..."
"Perché in quest'ultimo periodo, chissà da quanto, mi hai preso in giro, restando con me nonostante avessi già deciso di lasciarmi."
"Tu sei pazzo!"
"Sono sincero, sono all'apice della mia trasparenza. Se questo significa essere pazzo, allora sì, sono un pazzo furioso!"
"Addio."
La voce riagganciò senza aggiungere altro.
Ronnie rimase per qualche minuto in piedi, reggendo il ricevitore, ancora poggiato all'orecchio, e osservando il muro scrostato, che cingeva il vecchio telefono.
Non riuscì a definire la sensazione che provava in quel momento. Gli parve di attraversare un burrone, in equilibrio su di un cavo di metallo. Non soffriva l'altezza ma, allo stesso modo, temeva per la sua vita.
Non riusciva a capire se l'abbandono infondesse in lui nuove energie o se le stesse fossero state prosciugate definitivamente. Si trovava in un limbo emozionale.
Quando anche l'ultima goccia dei suoi pensieri si dissolse nell'aria, riagganciò e si voltò verso Miranda.
"Francine se n'è andata." disse meccanicamente.
Miranda lo osservò senza lasciar trasparire alcun sentimento. Era realmente ciò che provava: nulla.
Gli fece cenno di avvicinarsi e sedersi con lei.
Come un automa, Ronnie obbedì e sì ritrovarono abbracciati sulla pelle consumata del divano.
Pelle contro pelle.
"Credo che dovremo ricominciare il nostro sodalizio. É giunto il tempo di un nuovo patto." disse Ronnie.
"Stavo pensando alla stessa cosa."



(2010)

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