I lembi di pellicola faticavano a
staccarsi dalla pelle, erano come colla cosparsa su tutto il corpo.
Sulla strada, una pioggia sottile
solleticava il cemento di una città senza senso.
Miranda sollevava lentamente gli
angoli e tirava con delicatezza i segmenti rosso fuoco. Lentezza che aveva un
ché di rituale dovuto, quasi senza sentimento.
Ancora una volta si era lasciata
convincere da Ronnie ad abbandonarsi al supplizio, consapevole fin da subito,
dalla sola idea embrionale, che qualcosa di straordinario sarebbe nato da una
posa, da un movimento sussurrato sotto raggi di luce artificiale.
Ronnie era il fotografo più
talentuoso della città e solo a lui si concedeva in tutto e per tutto, ne assecondava
ogni ispirazione, ogni stramberia creativa; egli non era solo un ladro di attimi,
era un poeta che non proferiva parola. I suoi scatti erano nutrimento per un'iride
voyeur.
Aveva posato per ore nel suo
studio ed era spossata.
Dopo l’ultimo scatto, lui se ne
era andato chissà dove, come sempre faceva, quasi a voler lasciare che la sua
opera si imprimesse nell’atmosfera, senza inquinarla con gesti e parole
superflui.
Miranda tirava, portandosi dietro
delicati e quasi impercettibili peli biondi, cadenzando gli strappi con ritmi
monotoni e sempre uguali a se stessi, rendendo così i suoi pensieri
inconsistenti.
Intanto Diamanda Galas le teneva
compagnia da una stanza poco lontana.
La serratura della porta
sferraglio tre volte: Ronnie era tornato.
Reggeva un sacchetto di plastica,
dal quale estrasse due bottiglie di vino rosso.
Si fermò un attimo davanti a lei
e la osservò in silenzio; rimase ammaliato dalla figura sinuosa di un’amazzone
impacchettata, un serpente che cambia pelle.
Le sorrise
“Devo essere davvero bravo per
convincerti ogni volta a fare queste cose.”
“Sì, lo sei. Ma non ti illudere
che sia l’unica ragione per cui lo faccio.” gli rispose con finta supponenza.
“Sentiamo: quali sono le altre?”
“In tutti questi anni in cui ho
posato per te, ho riflettuto sulla mia natura ed ho capito di essere un filo
masochista.”
Il tono si fece serio: “Quando
scatti il mio corpo è qui ma la mia mente è da tutt’altra parte.”
“Ora mi spiego il motivo di
quelle meravigliose espressioni che mi hai sempre regalato. E dove se ne va la
tua mente?”
“Dove vuole lei, non sono io a
comandarla, ed ogni volta si ritrova in angoli sempre diversi e sconosciuti.
Crea immagini, situazioni grottesche e surreali. E, raramente, si esamina.”
“Se non fossi già sposato, e se
tu non fossi lesbica, sarei la tua ossessione!”
“Non so perché ma provo un
leggero sollievo pensando al fatto che tutto questo non si verificherà mai.” sorrise.
“Direi che mi conosci piuttosto
bene. Vuoi un bicchiere di vino?” chiese allontanandosi.
“Mi ci vorrebbe proprio!”
Ronnie tornò quando ormai l’opera
di svestizione era completa.
“Non ti ho nemmeno chiesto se
avevi bisogno di una mano…”
“Ottimo tempismo!” rispose
ironica.
Miranda si sdraiò nuda sul sofà
accatastato – questa è la parola più adatta a descrivere lo stato di quella
vecchia mobilia smunta e lacera – ad una delle pareti dello studio.
Non era in soggezione al cospetto
di Ronnie ed era consapevole che nemmeno lui lo fosse. L’aveva vista chissà
quante volte senza veli, in passato, anche in situazioni che prescindevano
dall’utilizzo di una reflex.
I primi mesi della loro
conoscenza erano stati amanti e si erano ritrovati sovente pelle contro pelle.
Mai nessun sentimento si era intromesso tra loro; erano due corpi che si
univano e si dedicavano l’un l’altro, in terapie di disintossicazione dai
molteplici risvolti maleodoranti e melodrammatici delle loro vite.
Miranda gli offriva il suo corpo
scolpito nella carne e in cambio riceveva orgasmi multipli; poteva considerarsi
uno scambio alla pari, in effetti.
E avrebbero tranquillamente
potuto continuare a farlo se Ronnie non si fosse lasciato cogliere dal
desiderio di formare una famiglia con Francine, sua moglie. Da quel momento il
loro patto si era sciolto e Miranda aveva ripreso a frequentare quella parte di
umanità che non considerava feccia, le donne.
Non ricordava di essersi mai
innamorata, piuttosto di aver provato sentimenti che potevano essere scambiati
per amore ma che, col passare del tempo, si rivelavano per quel che erano:
desideri di possessione protettiva, della natura più docile e soave, s’intende,
ma pur sempre intramezzati da sprazzi di bramosia di controllo delle vite
altrui. Ed ogni volta che si rendeva conto di ciò, troncava la relazione in un
batter d’occhio.
La cosa che odiava di più al
mondo era il pensiero che la sua vita potesse essere manovrata da qualcuno;
come avrebbe potuto farlo lei ad altre persone?
Un tintinnio di bicchieri colmi
di liquido scuro inaugurò il baccanale.
Ronnie trascinò una poltrona di
pelle scura all’estremità del sofà, dove Miranda poggiava i piedi, e vi si
sedette, dedicandole un delicato massaggio plantare.
“Dì la verità, ti sei mai
pentito?” disse spezzando il silenzio che si era creato.
“Di cosa?”
“Di essere quello che sei?”
“Intendi essere un fotografo o di essere
sposato?”
“Entrambe le cose, ma quella che
mi interessa di più è la seconda risposta.”
“No, non credo. Penso che, in
realtà, quello su cui dovrei focalizzarmi non sia il matrimonio in se stesso ma
quello a cui ho dovuto rinunciare in seguito ad esso. E qui arriviamo al punto
cruciale, che forse rappresenta la vera natura della tua domanda: tu vorresti
sapere se mi sono mai pentito di aver rinunciato a te, non è vero?”
“Sapevo che ci saresti arrivato
da solo!” sorrise soddisfatta.
“Perché me lo chiedi? Forse tu lo
sei?”
“No, affatto. La mia è pura
curiosità. E poi come potrei pentirmi di una scelta che hai fatto tu? Io mi
sono esclusivamente adeguata alla situazione.”
“Ottima osservazione! Vediamo un
po’… Se mi sono pentito, mi chiedi. Quello che c’è stato tra noi - forse
sarebbe meglio dire che non c’è stato tra
noi - era qualcosa di unico: non sto parlando di sentimenti, ovvio, ma di
un tipo scambio che ogni uomo e donna della Terra dovrebbero avere. Niente a
che vedere con qualsiasi mercificazione di corpi; un periodo speciale, un
qualcosa di insolito che è terminato prima di diventare routine. Quindi, in
conclusione, direi di no.”
Ronnie rimase soddisfatto della
sua elucubrazione e leggeva negli occhi di Miranda lo stesso stato d’animo; ciò
non fece altro che rafforzare la simbiosi tra i due.
“E tu?” continuò il fotografo.
“Io cosa?”
“Provi rimpianto o nostalgia?”
“Nella mia vita ho imparato a non
rimpiangere nulla di quel che faccio; nel momento in cui una cosa avviene,
volontariamente intendo, è perché la si è voluta. In quel momento volevo te e
sono contenta di averti avuto.
Per quanto riguarda la nostalgia,
beh, è stata sicuramente una parentesi della mia vita che non trova posto tra i
ricordi negativi ma, in fondo, credo sia un bene sia terminata.”
“Che strano concetto, però…”
disse Ronnie, grattandosi il mento e tastando il sottile strato di barba che
cresceva incolta.
“In che senso?”
“Pensare che sia positiva, quasi
piacevole, la fine di una cosa bella.”
“In effetti, è un pensiero
singolare. Tuttavia, credo che una cosa rimanga bella se si conclude all’apice
della sua bellezza. Il ricordo di un avvenimento è determinato da come esso si
conclude: se finisce in tragedia, il ricordo sarà tragico. È come nei film: il
finale gioca un ruolo fondamentale nel giudizio globale dell’opera.”
I bicchieri si riempirono
nuovamente.
Miranda cominciò ad avvertire un
lieve senso di leggerezza nei pensieri; era a digiuno dal mattino e il vino
cominciava a fare effetto.
In altre situazioni avrebbe
cominciato a controllare i gesti, gli sguardi, a selezionare minuziosamente le
parole per non lasciar trapelare, agli occhi del suo interlocutore, il minimo
sintomo di debolezza dei suoi freni inibitori.
Con Ronnie, però, tutto questo
non era necessario: sapeva fin dove potersi spingere e il confine era
indefinito, quasi inesistente.
Il trillo del telefono squarciò
le loro menti all'unisono.
Ronnie impiegò un tempo
indefinito per alzarsi e andare a rispondere.
"Dove sei?"
Una voce fredda, quasi
catatonica, percorse la linea di congiunzione tra i due apparecchi e riverberò
nello spazio angusto del ricevitore.
"In studio."
"Con lei?"
"Lo sai già."
"Te la sei già scopata?"
"Sai già anche questo."
"Quindi è un no?"
Ronnie tergiversò un attimo, un
instante fatale di silenzio che aprì una voragine.
"Sei uno stronzo!"
"Io e lei non facciamo
questo. Non più."
"Però ti sei fermato a
pensarci, quando te l'ho chiesto. Dovevi esserne sicuro?"
"No, ne ero già
sicuro."
"Io non voglio più andare
avanti."
La voce assunse un tono
differente da pochi istanti prima, quasi appartenesse ad un'altra persona.
Divenne tremante e flebile, quasi inconsistente.
"Indietro non si può
tornare."
"Invece sì!" rispose,
adirata, la voce. "Voglio la mia vita di prima!"
"La tua vita di prima?
Quale, quella che stava finendo con te appesa a un cornicione?"
"Non finirà così, questa
volta!"
"Dunque ero io la causa del
tuo malessere? Sono stato io ad accompagnarti fin lassù e, in un impeto di
generosità, a salvarti?"
"In un certo senso,
sì."
"Bel ringraziamento!"
Miranda sapeva di cosa stessero
parlando i due e sapeva a chi apparteneva la voce all'altro capo del telefono.
Sapeva anche che, in quel
momento, era lei la causa di quella discussione ma non sembrava che questo le
importasse un granché.
Continuava a fluttuare leggera
nell'aria, in balia delle correnti emotive che riempivano l'ossigeno rarefatto
dello studio.
"Io ti lascio."
continuò la voce.
"Lo hai deciso nell'ultimo
minuto?"
"Dio, no! Ci penso da tempo,
questo è solo il fischio finale."
"Allora significa che,
forse, quello incazzato dovrei essere io."
"Perché? Sentiamo un
po'..."
"Perché in quest'ultimo
periodo, chissà da quanto, mi hai preso in giro, restando con me nonostante
avessi già deciso di lasciarmi."
"Tu sei pazzo!"
"Sono sincero, sono
all'apice della mia trasparenza. Se questo significa essere pazzo, allora sì, sono
un pazzo furioso!"
"Addio."
La voce riagganciò senza
aggiungere altro.
Ronnie rimase per qualche minuto
in piedi, reggendo il ricevitore, ancora poggiato all'orecchio, e osservando il
muro scrostato, che cingeva il vecchio telefono.
Non riuscì a definire la
sensazione che provava in quel momento. Gli parve di attraversare un burrone,
in equilibrio su di un cavo di metallo. Non soffriva l'altezza ma, allo stesso
modo, temeva per la sua vita.
Non riusciva a capire se
l'abbandono infondesse in lui nuove energie o se le stesse fossero state
prosciugate definitivamente. Si trovava in un limbo emozionale.
Quando anche l'ultima goccia dei
suoi pensieri si dissolse nell'aria, riagganciò e si voltò verso Miranda.
"Francine se n'è
andata." disse meccanicamente.
Miranda lo osservò senza lasciar
trasparire alcun sentimento. Era realmente ciò che provava: nulla.
Gli fece cenno di avvicinarsi e
sedersi con lei.
Come un automa, Ronnie obbedì e
sì ritrovarono abbracciati sulla pelle consumata del divano.
Pelle contro pelle.
"Credo che dovremo
ricominciare il nostro sodalizio. É giunto il tempo di un nuovo patto."
disse Ronnie.
"Stavo pensando alla stessa
cosa."
(2010)
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