Ogni volta che il sole ride, io non sono qui. Non sono qui e
non sono ora.
E vivo istanti in attesa di istanti futuri, di traguardi lontani
che nemmeno riesco a scorgere.
Perché è una recita, un inganno che imponiamo a noi
stessi, spaventati dalla verità: agiamo ma non siamo.
Arranchiamo, boccheggiamo, trasudiamo passi incerti e inciampiamo
di continuo; allunghiamo braccia e mani a protezione di quel che
non abbiamo.
E, allora, spreco il mio tempo per avere tempo da dedicare
allo sprecare tempo. È folle!
É l'unica cosa che sono in grado di fare, al momento.
Compro inutilità da donare ai ricchi per averne una briciola
di ritorno finché mi rendo conto di non avere più niente. E tutto ricomincia daccapo.
Sopravvivere nell'illusione di riuscire a vivere: si può
essere più stupidi? Più masochisti? Più edonisti?
È come ballare un tango senza musica o tentare di urlare in
assenza di ossigeno.
Spesso penso che si viva in funzione di quell'attimo di
lucidità tra due pause di follia, per quel millesimo di secondo di aria pulita,
uscendo dalla grotta. Per quel raggio di luce che s'insinua tra le persiane
all'alba. In fondo, non si vive la notte per arrivare al mattino?
Perché l'obiettivo è il futuro; il presente è un'illusione e
il passato non esiste più, proprio adesso.
E adesso.
E adesso.
E adesso.
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